Anticorruzione e verifica delle controparti nei rapporti con i partner in affari.
- massimilianoballes3
- 2 ott
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Un impegno proattivo.
Per le imprese, sia private sia pubbliche, la corruzione rappresenta un rischio di business concreto, in grado di incidere sulla continuità operativa, sui ricavi, sulla reputazione e sulla competitività.
Da un lato, il D.Lgs. 231/2001 ha introdotto in Italia la responsabilità amministrativa degli enti: la corruzione, insieme ad altri reati, rientra tra i cosiddetti reati presupposto, la cui commissione può comportare pesanti sanzioni pecuniarie e interdittive a carico delle società.
Dall’altro, lo standard ISO 37001, riconosciuto a livello internazionale, rappresenta oggi il principale riferimento per i sistemi di prevenzione e contrasto della corruzione. All’interno di questo framework, un ruolo centrale è attribuito alla due diligence sui partner in affari, considerata condizione essenziale per prevenire pratiche illecite lungo l’intera catena del valore.
Entrambi i riferimenti convergono su un principio chiave: l’impresa non può limitarsi a presidiare i propri processi interni, ma deve estendere i controlli a tutta la rete di soggetti con cui intrattiene rapporti economici. Poiché la corruzione si manifesta sempre nella relazione tra l’azienda e soggetti terzi, è fondamentale rendere concreto l’impegno anticorruzione attraverso la verifica delle controparti.
Questa attività non costituisce un mero adempimento formale, ma un obbligo codificato dalla International Organization for Standardization (ISO). La cosiddetta Due Diligence anticorruzione riguarda infatti transazioni, progetti, soci in affari, fornitori e terze parti che presentino un livello di rischio superiore al “basso”, con l’obiettivo di individuare e mitigare in anticipo possibili esposizioni corruttive.
Il rischio nella filiera.
Le indagini degli ultimi anni hanno mostrato come i fenomeni corruttivi trovino spesso terreno fertile non tanto all’interno delle strutture aziendali, quanto nei rapporti con terzi.
Nei settori infrastrutturali, energetici e difesa, la complessità delle filiere aumenta esponenzialmente i punti di vulnerabilità. Operare in Paesi con un alto indice di percezione della corruzione – misurato da Transparency International – amplifica ulteriormente i rischi.
In questi contesti, una verifica delle controparti superficiale equivale, di fatto, a un’autorizzazione implicita a comportamenti opachi.
Le conseguenze di controlli insufficienti.
Le imprese che trascurano la due diligence sui partner si espongono a una pluralità di rischi.
Sul piano legale, la mancata adozione di modelli organizzativi idonei può comportare pesanti sanzioni pecuniarie e interdittive. La giurisprudenza italiana ha già colpito aziende per non aver monitorato a sufficienza consulenti e fornitori implicati in pratiche corruttive.
Sul piano reputazionale, il danno può essere devastante. Una notizia di coinvolgimento in indagini per corruzione, anche indiretta, compromette rapporti commerciali e finanziari, incidendo sulla capacità di attrarre investitori e di partecipare a gare pubbliche.
Sul piano operativo, l’arresto improvviso di un fornitore strategico o il blocco di un contratto internazionale può generare costi ingenti e interruzioni di produzione.
Situazioni a maggior a rischio.
Alcuni progetti e transazioni presentano un’esposizione particolarmente elevata al rischio corruttivo. Si tratta innanzitutto di appalti e gare pubbliche, dove l’interazione con la Pubblica Amministrazione e la complessità delle procedure aumentano la possibilità di pratiche illecite. Analogo discorso vale per i grandi progetti infrastrutturali e industriali, caratterizzati da valori economici elevati, durata pluriennale e una molteplicità di fornitori e subappaltatori.
Un’attenzione specifica deve essere riservata anche a fusioni, acquisizioni e joint venture, soprattutto nei Paesi a elevato indice di percezione della corruzione, così come ai rapporti con intermediari, agenti e consulenti esterni, che possono diventare veicolo di pagamenti opachi.
Infine, rientrano tra le aree più sensibili le forniture critiche della supply chain, le operazioni transfrontaliere soggette a controlli doganali e le sponsorizzazioni o donazioni a enti terzi. Tutti questi casi condividono un tratto comune: l’affidamento di poteri e benefici a terze parti, elemento che rende essenziale una due diligence mirata a intercettare tempestivamente i rischi corruttivi.
Una questione di cultura aziendale.
Le piattaforme tecnologiche per lo screening e il monitoraggio sono strumenti preziosi, ma devono essere complementari con una cultura aziendale votata alla prevenzione proattiva.
In questo senso, la verifica delle controparti rappresenta un indice di maturità organizzativa.
Verifica delle controparti: metodologia e strumenti.
La due diligence sui partner in affari non può essere improvvisata: richiede un approccio strutturato, in grado di garantire rigore ma anche proporzionalità, calibrando i controlli in base al livello di rischio.
Il primo passo è l’identificazione del partner. Si parte dalla raccolta dei dati anagrafici e societari, attraverso registri ufficiali, per ricostruire l’identità giuridica e operativa del soggetto. Fondamentale è l’individuazione del titolare effettivo e della catena di controllo, soprattutto quando si hanno di fronte strutture societarie complesse o l’utilizzo di veicoli offshore che possono celare assetti poco trasparenti.
Segue lo screening normativo, che consiste nel verificare se il partner compaia in liste sanzionatorie internazionali (ONU, UE, OFAC) o se sia stato oggetto di provvedimenti giudiziari, interdizioni o iscrizioni in registri di imprese considerate inaffidabili. Questo passaggio consente di individuare fin da subito situazioni di incompatibilità o rischi legali oggettivi.
Un ulteriore livello di analisi riguarda la reputazione. Qui entrano in gioco fonti giornalistiche, rapporti di settore e database legali, utili per far emergere eventuali segnali d’allarme (red flags) come coinvolgimenti in scandali, legami politici problematici o conflitti di interesse. Si tratta di un controllo più qualitativo, ma non meno importante, perché spesso le criticità emergono prima nel dibattito pubblico che nei registri ufficiali.
La due diligence deve poi considerare il rischio settoriale e geografico. Operare in Paesi con alto indice di percezione della corruzione o in settori notoriamente sensibili – come costruzioni, energia, difesa o sanità – implica un livello di esposizione maggiore e richiede quindi controlli più approfonditi.
Infine, c’è il tema del monitoraggio continuo. La verifica delle controparti non è un’attività statica da archiviare una volta per tutte: i rischi cambiano con il tempo. Cambiamenti nel management, nuove indagini giudiziarie o modifiche nell’assetto societario possono alterare radicalmente il profilo di un partner. Per questo motivo è essenziale dotarsi di sistemi che aggiornino costantemente le informazioni e permettano di intervenire tempestivamente in caso di criticità.
Prassi anticorruzione, un nuovo standard di riferimento.
In un contesto economico globalizzato e normativamente sempre più stringente, la verifica anticorruzione delle controparti rappresenta un requisito per ogni impresa impegnata ufficialmente.
La complessità delle catene di fornitura e la crescente pressione regolatoria rendono indispensabile disporre di processi di due diligence strutturati e documentabili, capaci di dimostrare la conformità alle normative (dal D.Lgs. 231 alla ISO 37001) e di ridurre l’esposizione a rischi corruttivi e reputazionali.
Non si tratta di un approccio culturale basato sulla fiducia, ma di un obbligo gestionale: le imprese che intendono competere nei mercati internazionali, partecipare ad appalti pubblici o attrarre investitori istituzionali devono poter dimostrare, in modo concreto e verificabile, di aver svolto un controllo adeguato sui propri partner.
In altre parole, la verifica delle controparti non è più “buona pratica”: è una condizione necessaria per garantire continuità operativa e accesso ai mercati.
Alcuni riferimenti utili:
• Autorità Nazionale Anticorruzione: https://www.anticorruzione.it/
• Global Corruption perception Index: https://www.transparency.org/en/cpi/2024
• ISO 37001: https://www.iso.org/publication/PUB100396.html

